L’ufficio era impersonale come tutte le sedi di multinazionali, ma tutto sommato avrebbe potuto essere peggio. Sara aveva imparato da tempo a isolarsi dal rumore di stampanti, fotocopiatrici, macchine per il caffè, suonerie squillanti e chiacchiere sussurrate. Un rumore di fondo, quasi terapeutico quando si concedeva un po’ di tempo per ascoltarlo davvero.

Una circostanza che si verificava molto raramente perché se c’era una cosa che Sara non aveva proprio era il tempo: tutto era urgente, tutto aveva una scadenza. L’ufficio era diventato la sua vita e la sua vita era diventata l’ufficio. Si svegliava, si vestiva, mangiava, prendeva i mezzi, lavorava, tornava a casa, si lavava… ricominciava. Avrebbe potuto tranquillamente prendere il lunedì e copiarlo e incollarlo su tutta la settimana fino alla domenica, giorno che usava per prepararsi alla settimana successiva.

Aveva perso da tempo il suo smalto in questo processo estenuante e lo sapeva. Aveva la sensazione continua che le mancasse qualcosa. Ogni volta che usciva da una stanza si tastava tasche immaginarie, un tic inconscio che aveva acquisito negli ultimi due anni, il timore continuo di aver dimenticato qualcosa. Una sensazione che non l’abbandonava mai. Ma non erano le chiavi che aveva dimenticato, era qualcosa di molto più fondamentale.

Certo, aveva i suoi piccoli moti di ribellione. Ogni tanto si accendeva una sigaretta, assaporandone fino in fondo il sapore sbagliato. Magari una volta al mese indossava qualcosa di sexy sotto il tailleur grigio scuro, qualcosa di cui solo lei era al corrente e che solo lei poteva sfiorare. Il suo piccolo segreto, la sua piccola rivolta. Una sciocchezza, che però la faceva camminare con la schiena più dritta e l’aria più spavalda, e sorridere un po’ più del solito. Ma anche queste piccole ribellioni andavano centellinate, non poteva farlo troppo spesso o avrebbero perso la loro specialità.

Ma tutto questo non le bastava più. Aveva smesso di contare i mesi dall’ultima volta in cui era uscita con un uomo, per non parlare dell’ultimo flirt. Si domandava che cosa le stesse succedendo. Era sempre stata una che amava correre rischi, una persona spontanea, la imbarazzava pensare che aveva ceduto tutto per un reggiseno a fascia e un buono stipendio. Voleva più di tutto riconnettersi con se stessa e sapeva che non sarebbe successo spontaneamente: doveva essere disposta a correre qualche rischio per farlo accadere.

Ma oggi si sentiva speciale e avrebbe fatto in modo che accadesse, a qualsiasi costo. Aveva bisogno di aprire una valvola e lasciar sfuggire la pericolosa pressione che aveva accumulato dentro di sé.

E poi c’era Marco. Marco era nuovo, Sara gli aveva fatto il colloquio e si era sentita a disagio in quell’occasione quando si era resa conto che stava flirtando con lui. Si ricordava di come era arrossita dopo che inavvertitamente si era lasciata sfuggire un ‘ah davvero…’ quando lui aveva affermato di essere ‘flessibile in tutte le posizioni’. A 27 anni ne aveva 5 meno di lei, era elegante, pulito, arrogante e brillante. Fin da quel primo colloquio c’era stato qualcosa di impalpabile tra di loro, un imbarazzo che nascondeva l’attrazione.

L’atteggiamento maturo da avere sarebbe stato ignorarla, quell’attrazione, magari scherzarci sopra e non lasciarla andare oltre un bacio dato per sbaglio alla festa di Natale. Ma Sara voleva una pausa dalla maturità e Marco era la sua via di fuga.

Gettò un’occhiata in direzione di Marco dalla sua scrivania. Stava sistemando dei fogli sul tavolo. Aprì la chat e iniziò a digitare.

Sara dice: Marco, c’è un’emergenza in ufficio.

Sara alzò lo sguardo dallo schermo del computer. Marco aveva letto il messaggio e le sue sopracciglia erano aggrottate in confuso allarme. I suoi occhi attraversarono l’ufficio e incontrarono quelli di lei. Registrarono un sorriso malizioso sul suo viso.

Marco dice: Ciao Sara, di che emergenza si tratta?

Sara dice: Molto presto scatterà l’allarme antincendio.

Marco dice: …davvero?

Sara dice: Sì, tutti scapperanno in fretta.

Marco dice:  E l’ufficio resterà vuoto…

Sara dice: Due di noi dovrebbero restare indietro per essere sicuri che tutti siano usciti. Ti ho appena promosso ad assistente pompiere. Pensi di farcela?

Marco dice: C’è solo un modo per scoprirlo.

Sara si alzò lentamente con un sorriso birichino, si avvicinò con nonchalance al muro, si assicurò che nessuno la stesse guardando, afferrò la leva dell’allarme antincendio e l’abbassò. L’ufficio fu immediatamente invaso dal rumore dell’allarme e, subito dopo, da quello delle persone che si allontanavano in tutta fretta dalle proprie scrivanie.

‘Tutti fuori, SUBITO!” Ordinò Sara sovrastando il rumore.

Si avvicinò alla porta antincendio, tenendola aperta e spingendo fuori i suoi colleghi, uno ad uno, come paracadutisti da un aereo. Marco rimase per ultimo e,  prima che potesse uscire, lei chiuse la porta. Erano soli, lui e lei, nell’ufficio rumoroso e deserto.

Appoggiò la schiena contro la porta, lo attirò a sé prendendolo per la cravatta e, senza dirsi una parola, si baciarono con forza e urgenza. Lui strinse con una mano forte la sua nuca, afferrandole i capelli e premendole addosso con tutto il proprio peso.

Gli erogatori si attivarono e ben presto furono annaffiati d’acqua, come se la passione tra di loro potesse incendiarsi. L’acqua fredda li inondò, trascinando con sé il profumo del dopobarba di lui e appiccicandogli la camicia bianca sulle forme snelle e slanciate. Lei allungò una mano verso di lui, mentre con l’altra si sbottonò i pantaloni, poi si infilò la mano dentro.

Marco si allontanò da lei, sempre stringendole i capelli e spingendola contro la porta, e la guardò toccarsi in attesa del suo turno. Ascoltò il suo respiro farsi più veloce e osservò il piacere crescente del suo corpo mentre gli erogatori continuavano a inzupparli.

“Abbiamo solo cinque minuti.” Sussurrò lei, quasi a se stessa, “prima che arrivino i pompieri.” Si fissarono un istante. “Mi devi scopare, e lo devi fare ora.”

Fece scivolare i pantaloni del tailleur e se ne liberò. Rimase con un paio tacchi, un paio di calze di pizzo nere ad avvolgerle le lunghe gambe candide, reggicalze di seta e un perizoma di pizzo con dentro la sua mano, la giacca e la camicia.

Con la mano libera slacciò velocemente la cintura di Marco e la sua zip, trovandolo duro, grosso, pronto. Lo tirò fuori e lo accarezzò mentre accarezzava se stessa e lo attirò a sé, sollevando una gamba all’altezza della sua vita. Lui le prese la gamba e sentì quanto era bagnata mentre si guidava dentro di lei. Sara sussultò nel momento in cui Marco prese il controllo e cominciò a entrare lentamente dentro di lei, poco a poco. Lo voleva tutto e subito, non era pronta ad aspettare, iniziò a spingersi verso di lui, riempendosi di lui, afferrandolo per il collo per restare in equilibrio, mentre con l’altra mano continuava a toccarsi, godendo della sua stretta forte tra i capelli.

Marco le sollevò la gamba un po’ più in alto, così che lei si ritrovò in punta di piedi, e la prese con lunghi colpi appaganti. Sara poteva sentire la sua forza, la stava di fatto sollevando da terra e premendo contro la porta come se la volesse spingere attraverso di essa.

Le sue gambe divennero molli mentre una familiare sensazione di piacere iniziò a montarle dentro spingendola a muoversi verso il suo bacino con il proprio, mentre si avvicinava sempre di più al climax. Le ondate di piacere cominciarono a salire e a trasformarsi in convulsioni che avviluppavano Marco, avvicinandolo a sua volta al suo orgasmo.

La stretta tra di loro si fece ancora più intensa, le unghie di Sara affondarono nel collo di Marco, mentre lui la costrinse a girare il viso tirandole i capelli. La mano libera di Sara si muoveva furiosamente su di lei, mentre le sue gambe si affievolivano a ogni tocco delle dita.

I loro visi erano rivolti al soffitto, gli occhi chiusi, le bocche aperte, zuppi fradici, scossi dai gemiti di piacere.

Finalmente Sara lasciò che l’onda si riversasse dentro di lei e ogni suo muscolo cominciò a vibrare, mentre le convulsioni scuotevano il suo corpo e si lasciava sfuggire oscenità tra i denti serrati. Le sue contrazioni avvolsero il membro di Marco dentro di lei, facendogli perdere il controllo e lui si lasciò scappare un grugnito animale mentre si abbandonava all’orgasmo dentro di lei.

Esausti, si abbandonarono ciascuno sul corpo dell’altro, sorridenti, sotto l’acqua che continuava a riversarsi su di loro, il lamento dell’allarme di nuovo udibile adesso che tornavano padroni dei propri sensi.

Premettero la fronte l’uno contro l’altra e si baciarono. I pompieri stavano arrivando, era il momento di andare. C’era sempre una scadenza con Sara.

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