“Sabato sera potremmo vedere Luca e Chiara” dice Francesca semplicemente. Mi guarda dritto negli occhi, senza ammiccare o che, come se fosse un normale invito a cena, un cinema, una delle mille serate passate con gli amici.

Poi si alza, va in camera, la sento armeggiare nel comò, cassetti che si aprono e richiudono. Torna dopo poco, è nuda fatta eccezione per un chocker sottile di pelle nera con un anello. “Potrei indossare questo”, dice sedendosi sulle mie gambe. Mi bacia.

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Dopo poco stiamo facendo l’amore sul tavolo ancora apparecchiato. Io con i vestiti addosso, aperti quanto basta, lei con la passione delle grandi occasioni. Non perde tempo, Francesca, mi sale sopra e mi prende dentro di lei. Si muove con ritmo e eleganza, sembra che danzi leggera. Ride con gli occhi senza trattenere i gemiti. Adoro quando fa così, lo sa e non si frena.

Quando sente che non ce la faccio più, rallenta i movimenti e mi viene vicino con il viso, mi bacia. Poi si sdraia su di me, la bocca accanto al mio orecchio e mi sussurra “Ti piace Chiara? A me tanto…”. Cerco di dire di sì, o almeno di annuire, ma Francesca ha ripreso quel suo movimento a cui non so resistere, scende profonda e risale fino quasi a sfilarmi da lei. Contrae i muscoli, li rilascia al momento giusto. Mi esce solo un respiro più profondo degli altri mentre riempiamo la cucina dei nostri orgasmi.

“Allora la sento io”, mi dice prima di infilarsi in una doccia veloce.

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Mezz’ora dopo siamo entrambi nei rispettivi uffici, cercando di concentrarci sul lavoro ma con la testa altrove.

Così arriva sabato. Francesca è tranquilla, prepara la tavola. Io collaboro, non sapendo bene cosa aspettarmi. Certo, abbiamo parlato spesso di farlo con altri, a volte ci siamo eccitati raccontandoci le nostre fantasie, cosa avremmo fatto, con chi, con quali limiti. Ma era stato come un gioco, separato dalla realtà. Poi quel “Sabato sera potremmo vedere Luca e Chiara”, detto con semplicità e determinazione.

Francesca è così: gioca, ma seriamente, e quando sente di essere pronta per qualcosa non perde troppo tempo a ragionarci su. E io, che ero quello spavaldo quando si trattava di parlarne, ora guardo il citofono pensando se sarò all’altezza.

E infatti, il citofono suona e nel monitor vedo Luca e Chiara sorridenti che fanno ciao con la mano. Tre piani dopo sono da noi e ci ritroviamo tutti un bicchiere di prosecco in mano e un sorriso forse un po’ teso negli occhi. Francesca è bellissima con un abitino nero e quel chocker al collo.

Devono essersi parlate a lungo, Francesca e Chiara. Lo vedo da come sono vicine, da come ridono insieme guardandosi negli occhi, e come parlottano in cucina mentre scolano la pasta. Ed è forse anche per questo che la cena scorre allegra, come una normale cena tra amici. In realtà, amici lo siamo da poco. Ci siamo conosciuti a una mostra e poi rivisti un paio di volte. “È meglio se non ci conosciamo troppo”, ci eravamo detti immaginando di dare seguito alle nostre fantasie… “Ti immagini come sarebbe imbarazzante con… oppure con…” e lì, a seguire, i nomi degli amici storici, quelli delle vacanze al mare.

“Noi andiamo un attimo di là”, dice Francesca verso la fine del dolce. Prende Chiara per mano e scompaiono insieme nel corridoio. Riconosco i rumori della stanza: cassetti, porte. Guardo Luca con un sorriso imbarazzato, lui ricambia alzando le spalle come a dire “Eh, vedremo”. Ci versiamo ciascuno un bicchiere di vino, in automatico. Poi, sempre senza dirci nulla, iniziamo a sparecchiare in silenzio, guardando di tanto in tanto verso il corridoio, speranzosi.

“Ma che bravi ometti, avete fatto la cucina?”, è Chiara a dirlo, ma non riusciamo a rispondere perché rimaniamo paralizzati in mezzo alla stanza. Chiara e Francesca sono davanti a noi, nude. Scoppiano a ridere: “Allora, volete anche passare l’aspirapolvere o venite a giocare con noi?”. E ci prendono per mano, ciascuna il proprio uomo.

Quindi non siamo noi a guidare il gioco. In realtà, non credo di averlo mai pensato. E direi nemmeno Luca, che non sa bene come fare e si lascia baciare da Chiara sul divano. Siamo seduti l’uno accanto all’altro. Noi uomini vestiti e confusi, le donne nude, determinate, allegre, e saldamente in sella.

Il bacio può molto. Ho sempre pensato che il bacio sia il vero “sì” del sesso. E infatti per lunghi minuti non succede altro, se non un frugare di lingue e di mani. Poco, esteriormente, ma dentro ci stiamo preparando e lasciando andare. E infatti quando sento la mano di Chiara che si allunga sotto la mia camicia, e quando scorgo quella di Francesca fare lo stesso su Luca non ho pensieri, timori: seguo il corpo e i suoi desideri.

In un attimo i vestiti ci lasciano e si ammucchiano sul tappeto in una sorta di metafora di orgia. Noi facciamo circa lo stesso, lasciando correre le mani, le bocche, golosi e affamati di sensazioni. Di tanto in tanto intercetto lo sguardo di Francesca, ci facciamo un “sì” con la testa come per dirci “è più bello di quanto immaginassimo”, poi la perdo nuovamente di vista, affondata tra le gambe di Chiara o nel collo di Luca.

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Luca. I nostri corpi nudi sono molto vicini, ci sfioriamo facendo attenzione a non toccarci troppo, come se fosse un contatto casuale, non voluto. È strana, emozionante, la vicinanza con una pelle di uomo, così simile alla mia. Mentre prendo Francesca da dietro, lei abbracciata a Chiara, lo sento avvicinarsi a me, infilarsi tra noi. Gli faccio posto. Francesca sente la differenza e ride, si gira trascinando con sé Chiara: ci troviamo tutti in un grande abbraccio sfocato. I corpi si fondono ai respiri e ai gemiti. E non è per reticenza se ora non sono in grado di dire i dettagli di ciò che è successo, ma perché in quel momento ogni barriera è caduta e il solo piacere è stato il vero regista della serata.

L’ultimo ricordo è di noi quattro nudi, sudati, con alcuni segni rossi sulla pelle di cui ridiamo senza saperne ricostruire l’origine, che ci versiamo da bere allegri e leggeri. Guardiamo il mucchio dei vestiti per terra: il perizoma di Chiara è scivolato sui miei pantaloni.

“Non hanno ancora finito, loro…”, commenta Francesca.

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