Chi glielo fa fare?

Se lo domanda sempre. Chi glielo fa fare di uscire nelle giornate gelide protetti solo da un paio di pantaloncini e una maglia termica? Di trascinare le scarpe nel fango, di sentire il freddo mordere la carne dove è più delicata, le guance infiammarsi e le orecchie congelarsi?

Eppure lo fanno. Anche oggi.

Escono dallo spogliatoio che non è caldo, ma almeno asciutto, e si avventurano sul campo mentre una pioggerellina fine impasta i loro occhi, infanga le loro scarpe.

Il cielo è plumbeo e basso sopra di loro. Ma a lui non dispiace, perché in quella luce gli occhi di Claudio assumono una consistenza più profonda e anche i suoi capelli sembrano più scuri. Per non parlare dell’effetto della maglietta bagnata che mette in evidenza ogni guizzo dei suoi muscoli. O dei pantaloncini che si attaccano alle sue gambe possenti, ai suoi glutei rotondi, al suo sesso sporgente.

La partita ha inizio e, come al solito, lui segue solo Claudio, ipnotizzato dai suoi movimenti, irretito dalla sua energia, ossessionato sempre dallo stesso dubbio: potrà mai succedere tra di loro?

Gli interessa ben poco di quello che accade sul campo. Claudio è diverso, si vede che vuole portare a casa il risultato. Ma il terreno di oggi è particolarmente difficile, la pioggia lo rende scivoloso, appiccicoso. La fatica è doppia, i risultati dimezzati.

E sì, ci sono quelle giornate in cui tutto va storto e ti domandi se qualche dio non si sia svegliato avendocela su con te. Ma non è oggi.

Siamo sotto il cielo plumbeo e incombente, a tre minuti dalla fine della partita: un passaggio, due passaggi, Claudio fa un salvataggio su una palla che sembrava fuori, lui si trova nel posto giusto al momento giusto, si lancia in avanti verso la porta, sente l’avversario tirargli la maglietta ma sa che niente lo può fermare. La maglietta si strappa, lui continua verso la porta, il portiere gli si para davanti, un’occhiata di lato a intuire, più che vedere, la sagoma così familiare e amata. Un tiro a bruciapelo sotto il naso del portiere e Claudio che con un grido di giubilo interviene a deviare la traiettoria del pallone e fa centro nella porta vuota.

Non c’è un pubblico ad applaudire alla loro impresa ma il ronzio che gli riempie le orecchie ne escluderebbe comunque l’applauso, mentre assiste alla scena che avviene davanti ai suoi occhi come se non lo riguardasse: Claudio che allarga le braccia e corre verso di lui, il grido di gioia che si allarga sul suo viso, i suoi capelli al vento, le sue braccia che si chiudono forti intorno a lui, lo sollevano, i loro corpi per un istante così stretti. È un attimo, ma il tocco del sesso eccitato di Claudio sulla sua gamba è inconfondibile.

Un attimo solo, prima che gli altri compagni di squadra lo sommergano in una calca confusa, in un entusiasmo che fatica a condividere. Prima che si senta travolgere in una successione di strette ruvide sul collo, di pacche sulle spalle e sul sedere. E lui si sente un po’ un eroe involontario e si ritrova a domandarsi se, dall’esterno, l’azione non sia sembrata più spettacolare del vero o se quell’euforia non sia solo il risultato della fatica, del fango, della pioggia battente.

Il giubilo continua anche negli spogliatoi,  e poi nella pizzeria dove si spostano per la cena di rito. Ma è ancora una volta uno spettatore esterno e l’unica cosa che conta per lui è quel guizzo che ha sentito nella carne di Claudio al contatto con la propria, quella speranza o quell’illusione di poter un giorno assaggiare il sapore delle sue labbra ombreggiate dalla lieve barba bionda. Di sentire su di sé il tocco delle sue mani.

Arriva anche il momento dei saluti, si ritrovano in quattro o cinque nel parcheggio della pizzeria. Ha smesso di piovere e, adesso che sono protetti dai giubbotti, l’aria autunnale della sera è piacevole da respirare, soprattutto dopo l’atmosfera un po’ viziata della pizzeria. Claudio si accende una sigaretta. Si appoggia alla staccionata di legno che delimita lo spazio del parcheggio, di fianco a lui. Le loro spalle si sfiorano mentre si abbandona un po’ di più sulla sbarra di legno.

Ridono, scherzano. Adesso anche le loro mani si sfiorano mentre gesticolano e lui è grato all’oscurità che nasconde il suo arrossire. Uno ad uno, gli altri se ne vanno.

‘Fumo un’altra sigaretta, mi fai compagnia?’ La domanda di Claudio arriva a spezzare il silenzio giusto un attimo prima che diventi strano. Lui allunga una mano dietro le sue spalle, l’appoggia sul legno , ma è lì, a pochi centimetri dai suoi fianchi.

‘Certo.’
Osserva la piccola luce della sigaretta farsi sempre più vicina, mentre restano in silenzio ad ascoltare il crepitio del tabacco ad ogni boccata. Trattiene il fiato quando vede la traiettoria del mozzicone nella notte, come una stella cadente in una sera d’estate. Ed è allora che lo fa, con quello stesso senso di onnipotenza che ha provato poche ore prima di fronte al portiere, con quella stessa certezza che oggi le stelle siano dalla sua parte. Con quella totale mancanza di timore.

Solleva la mano verso il collo di Claudio a girargli il viso verso di sé, si impossessa delle sue labbra morbide, della sua bocca che sa di tabacco. Se è sorpreso, Claudio non lo dimostra. Se è eterosessuale, nemmeno. Il bacio che lo ricambia è profondo quanto il suo e forse ancora più urgente. Lui si stacca dal recinto di legno, si insinua tra le sue gambe, si spinge contro il suo corpo. E di nuovo sente il suo sesso eccitato e adesso lo sa. Sa che lì, in quell’istante, sotto la pioggia e in mezzo al fango, non si era sbagliato.

Che ci sono delle volte che non importa se piove, le stelle sono dalla tua parte e niente potrà fermarti.

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