Questa è la prima storia di una serie di quattro che ha per protagonisti una coppia di amanti e una valigia molto speciale, quella della Anniversary Collection di LELO. Puoi trovare qui la seconda parte della storia , qui la terza  e  qui la quarta.  Buona lettura!

La cosa che più mi piace di lei è che non sa dirmi di no.

Mi guarda, con quei suoi occhi limpidi e so già che le sue labbra si schiuderanno in un dolcissimo sì. Questa volta sono state le sue dita a rispondermi, perché non trovavo parole per formularle la mia richiesta e ho deciso di mandarle invece una foto. Come si dice: un’immagine vale più di mille parole? A volte anche una parola vale più di mille e il suo , nero su bianco, mi ha comunicato molto più di un semplice assenso. Mi ha detto ‘sono pronta a seguirti ovunque, anche nell’abisso se necessario’. Mi ha detto ‘prendo tutto di te, il bello e il cattivo tempo, la gioia e il dolore, la salute e la malattia’.

Il piacere e il dolore.

Le ho fatto recapitare la valigia insieme a un biglietto del treno e l’indirizzo di un hotel: 5 giorni e 4 notti nella sua città preferita. La città in cui vivo io.

***

Sono andato alla stazione a spiare il suo arrivo. A volte lo faccio, mi piace vederla confusa tra la folla, cercare di leggere nel suo sguardo tutta l’attesa del nostro incontro, vedere com’è e cosa fa quando non ci sono io. Pensavo di averla mancata e mi stavo avviando all’uscita quando me la sono trovata davanti, lo sguardo nascosto da un paio di occhiali da sole, i capelli avvolti in un foulard e il corpo minuto stretto in un soprabito leggero. Una borsetta tonda in una mano e la valigia nera nell’altra. Senza bagaglio, sa che provvedo a tutto io quando le chiedo di viaggiare. Mi ha guardato interrogativa e non ho potuto fare a meno di stringerla tra le braccia e di posare le mie labbra sulle sue. Ci siamo avviati insieme verso la macchina e quando, con un gesto automatico, mi sono offerto di prendere la valigia, ho potuto cogliere l’eccitazione del suo sguardo anche attraverso le lenti scure.

***

Non so cosa faccia dei suoi giorni, vorrei dire che non mi interessa. In realtà mi interessa sempre di più. Certo non come le sue notti. Immagino che abbia degli amici in città, che si riposi dopo il viaggio, anche se non è lungo. Che visiti qualche mostra. So che non va a fare shopping perché riparte sempre a mani vuote. E, questa volta, il pensiero di vederla ripartire con la valigia mi stringe un po’ il cuore, mio malgrado.

Magari deciderò di tenerla. La valigia.

***

Ceniamo insieme nel ristorante dell’hotel, nessuno di noi due ha veramente fame e non vogliamo sprecare il tempo prezioso che abbiamo a disposizione in inutili spostamenti.

Parliamo poco e una cosa che apprezzo di lei e, in verità, di noi, del nostro stare insieme, è che nessuno dei due sente la necessità di riempire i momenti di silenzio che ogni tanto punteggiano la nostra conversazione. Sediamo vicini attorno al tavolo quadrato. Teniamo un tono di voce bassa, che ogni tanto ci porta a chinarci l’uno sull’altra. Sento il desiderio crescere dentro di me in maniera proporzionale al tempo che passo con lei.

Finalmente non lo contengo più. Ordino una bottiglia di champagne e chiedo al cameriere di portarla in camera. Lei mi guarda con i suoi occhi limpidi, è il segnale che aspettava. La prendo per mano e la guido verso la nostra notte.

***

Quando entriamo in camera, la prima cosa che vedo è la valigia nera che si staglia sulla coperta bianca. Mi avvicino come ipnotizzato e passo la mano sulla superficie liscia come seguendo il contorno del corpo di una donna. Poi allungo un braccio verso di lei, che è rimasta a osservarmi sulla porta e la invito ad avvicinarsi. Affondo una mano nei suoi capelli e avvicino il suo viso al mio: le sue labbra bruciano e la sua bocca si apre voluttuosa al mio bacio. Vorrei farla mia immediatamente, ma il mio piano è un altro e rispetto sempre i miei piani.

Mi stacco da lei e porto le due mani sulle zip della cerniera, prendo fiato e le faccio scorrere in direzioni opposte. Il coperchio della valigia rimane al suo posto, solo leggermente scostato. Prendo un altro sorso d’aria prima di sollevarlo e posare i miei occhi sugli oggetti che appaiono davanti a me. Davanti a noi.

Faccio scivolare lo sguardo sulle piume preziose, sulle curve sinuose, sulle superfici lucide e opache, sulla pelle odorosa. Ma quello che mi interessa di più è la sua reazione.

Lei è di fianco a me e raggiungo una delle sue mani per stringerla tra le mie. Osserva il contenuto della valigia e il suo sguardo, come al solito, mi è imperscrutabile: passa da un oggetto all’altro, come valutandone peso e consistenza, usi e proprietà. Il suo petto si solleva impercettibile sotto la camicia leggera.

Un tocco alla porta ci fa sussultare entrambi: è il cameriere con lo champagne. Nessuno di noi due si preoccupa di richiudere la valigia e quando l’uomo entra il suo sguardo curioso e un po’ famelico si posa prima su di lei, poi sugli oggetti. Gli allungo una banconota stretta tra due dita, lo voglio fuori di qui il prima possibile.

Quando finalmente se ne va, mi avvicino per prendere i due calici colmi e mi rendo conto che, da quando siamo entrati in camera, ancora nessuno di noi due ha parlato.

Mi accosto a lei con il calice in mano e, invece di porgerglielo, glielo avvicino alle labbra. Lei si china indecisa, i suoi denti brillano un istante prima che appoggi le labbra sul cristallo. Inizia a bere e non stacco il bicchiere finché non è vuoto. Lei rimane senza fiato e un rivolo di champagne le sfugge dalle labbra, mi accosto a leccarglielo e affondo di nuovo la mia bocca nella sua. La sento barcollare in cerca d’aria, non posso resistere più. La guido verso il letto e la spingo sulla coperta bianca, di fianco alla valigia aperta. Allungo una mano verso la fascia elastica che tiene ferme un paio di manette e la faccio scattare. Il rumore è impercettibile, ma ancora una volta sobbalziamo entrambi. Lei si mette a sedere sul letto, è come se volesse dirmi qualcosa, forse vuole dirmi qualcosa, ma sono ormai entrato nel tunnel del mio piacere e capisco solo il linguaggio dei sensi.

Le faccio scivolare via le scarpe, le prendo i polsi e li infilo nelle manette leggere. Faccio scorrere il metallo sul metallo, finché le manette non si riducono a due braccialetti preziosi che cingono stretti i suoi polsi delicati. Lei si guarda le mani imprigionate e poi solleva lo sguardo su di me. La bacio veloce (le sue labbra sono sempre febbrili) e torno a concentrare la mia attenzione sul contenuto della valigia.  Ho pensato per giorni a quello che avremmo fatto, a come avrei usato quegli oggetti su di lei, insieme a lei, ma adesso che ci siamo non so decidermi.

‘Non mi bendi?’ La sua voce mi sorprende e mi fa sobbalzare per l’ennesima volta nel corso della serata, devo avere i nervi a fior di pelle. Allungo una mano indecisa verso il cuoio ricco della benda, ma faccio invece saltare l’elastico che tiene fermo un manico da cui spunta una linguetta di cuoio.

‘No. Voglio che tu veda.’ Dico mentre schiocco il manico nell’aria e, sotto i nostri occhi, si trasforma in un frustino. Un istante di paura allarga le sue pupille, prima che lei socchiuda gli occhi in due fessure e si distenda sul letto. Allungo il frustino verso di lei, senza staccare gli occhi dai suoi. Lo insinuo sotto la sua gonna fino ad arrivare al suo sesso. L’espressione di piacere che le offusca lo sguardo per un attimo mi fa capire che ho raggiunto il punto giusto. Torno indietro e, sempre usando il frustino, le sollevo la gonna fino ad esporre la biancheria che vela il suo sesso. Con la punta leggerissima del frustino disegno piccoli cerchi dove so che più le piace: lei si abbandona sui cuscini. Capisco allora che ci siamo, il gioco è cominciato.

Sposto la valigia in modo che lei abbia più spazio per sdraiarsi, le allungo le mani imprigionate oltre la testa, le sistemo il cuscino in modo che possa vedere con agio quello che le sto facendo. Mi allontano di nuovo e torno ad usare solo il frustino, lo passo sotto il primo bottone della sua camicia. Tiro con un colpo secco, ma il frustino scivola sulla stoffa. Ci riprovo, prendo meglio le misure questa volta e quando tiro il frustino, il bottone vola via e la camicia si apre. Lei geme, anche se non la sto toccando. Le faccio saltare tutti i bottoni, finché non vedo il suo seno nudo emergere dalla camicia strappata. Stuzzico il suo capezzolo con la punta leggera di pelle. Poi mi avvicino e mi chino a succhiarglielo, lo sento inturgidirsi immediatamente a contatto con le mie labbra.

Con un gesto deciso la spingo a rotolare sul letto. Adesso è a pancia in giù davanti a me, le braccia sollevate oltre la testa, il viso nascosto tra il cuscino e i capelli scomposti, la schiena coperta dalla camicia e la gonna avvolta intorno alla vita, le sue forme sono appena velate dagli slip. La colpisco e lei sobbalza sul letto, soffocando un gemito di dolore. La striscia rossa che appare quasi immediatamente sulla sua pelle mi fa ricalibrare l’intensità dei miei colpi, mentre continuo a percuoterle leggermente le rotondità nelle quali vorrei immergere il mio viso. Gli slip leggerissimi si sfaldano sotto i miei colpi, la sua pelle arrossisce, i suoi gemiti si susseguono nel cuscino. Mi fermo un attimo, ho sete. Mi avvicino al mio calice di champagne intatto e lo trangugio. È ancora fresco, il nostro gioco non deve essere andato troppo oltre.

Lei non si muove sul letto. Mi accosto alla valigia e questa volta non ho esitazioni. Le tocco una spalla delicatamente, la invito a girarsi, il suo viso è accaldato, i suoi occhi sono lucidi, non so se di desiderio o di pianto, il suo respiro è affannato. La aiuto a sistemarsi di nuovo comodamente, le allargo le gambe, le finisco di strappare quel che resta degli slip. Mi sdraio di fianco a lei e le faccio vedere il piumino che tengo tra le dita, un gemito di piacere ed esasperazione emerge dalla sua gola. Faccio scorrere le piume sulla pelle nuda del suo seno, della sua pancia, mi chino verso le sue cosce bianche. Lo passo sul suo sesso e lei ha un sussulto come se l’avessi colpita di nuovo.

‘Voglio che godi con questo.’ Le dico mentre continuo a oscillare le piume su di lei. Non so per quanto tempo andiamo avanti così: lei con le mani prigioniere e i vestiti strappati, pronta a godere da un momento all’altro, sempre sull’orlo del baratro senza cadere mai.

Io, con il piumino in una mano, a disegnare ghirigori impercettibili sul suo corpo. Perso nei suoi occhi.

La prima notte
Eyes wide shut
Il primo giorno
La sorpresa

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