Questo racconto è di Flavia Malines. Se vuoi inviarci anche tu la tua storia, scrivici qui. Buona lettura!

La notte afosa e il letto scomodo c’impediscono di dormire. Ti muovi, lo percepisco nel dormiveglia e provo a far finta di niente.

Dalla finestra entra una fioca luce di città. Respiro piano, ma non ci metti molto ad accorgerti che sono in un bagno di sudore. Dal caldo, dall’agitazione.

Ti giri verso di me. Mi sfiori la mano sinistra. La prendi nella tua.

Hai caldo?

Cazzo, sì, ho caldo, ci voleva molto per capirlo? Ho la maglietta bagnata.

Ti alzi. Apri una delle finestre e in un attimo mi asciugo e riprendo a respirare. Ma è quello il momento in cui ne approfitti. Ti conosco. Anche nel buio della stanza, coperta dai mobili e dal silenzio della notte.

Ti avvicini e, con qualche moina che sento di odiare con tutta me stessa, mi sei già addosso.

In quel momento mi passano per la testa dieci, mille pensieri e ragionamenti che neppure da sveglia sarei riuscita a seguire.

La tua bocca è pericolosamente vicina alla mia e per un desiderio animale decido di assecondarla. Errore immane.

Quando mi accorgo di come stanno precipitando le cose, è troppo tardi per fermarle. La tua mano è già in mezzo alle mie gambe e mi cerca impaziente. Il tuo cazzo è evidentemente pronto, ma non vuoi correre. Una forma di rispetto nei miei confronti quando mi chiedi se lo voglio anch’io. Rispondo stupidamente con un bacio.

Gli slip sono scivolati via e non c’hai pensato due volte a farmi godere. Ed è a quel punto che apro gli occhi, spalancandoli come a volermi svegliare.  Il tuo corpo sul mio si muove sapendo esattamente cosa fare, ma io non chiedo te. Guardo oltre. Incontro con lo sguardo la finestra che hai aperto e provo ad andare lontano, verso qualcosa che tu non mi puoi dare. O forse sono io a non poterla dare a te.

Non te ne accorgi. Per fortuna. Ci saresti rimasto male. Lo so. E invece per me è troppo tardi. Sono già pentita di usarti a questo modo.

Tu mi sei dentro, mi dai piacere, un piacere che cercavo, che desideravo. Ma non da te. Non dal tuo corpo.

Mi eclisso sulla tua spalla, sotto il tuo collo. Sei dentro di me e io penso ad un altro. Non c’è cosa peggiore.

Chiudo di nuovo gli occhi provando a non pensare. Ti lascio fare.

Mi scivoli di lato. Le tue labbra all’altezza del mio orecchio sussurrano poche parole: posso leccartela? Sorrido ed acconsento. Ormai quel che è fatto è fatto. Ho deciso di prendermelo tutto il piacere che mi dai.

In ginocchio ai miei piedi, inizi a lavorare di lingua. C’hai sempre saputo fare. Tanto che è il mio culo a sollevarsi ad a venire ad altezza della tua bocca. Ne vuole sempre di più.

Credo di aver urlato fino alla fine.

Esausta, ti do le spalle e tu attacchi il tuo corpo al mio.

Sei bagnata anche dietro.

Lo so cosa stai per chiedermi. Ma stavolta sono io a decidere.

Sei sorpreso quando ti dico di sì con un sorriso deciso. Ma voglio che mi prendi la figa, nel culo lascerai le tue dita a giocare.

Ci stai e quando sento le due forze incontrarsi, sprofondo il volto nel cuscino. No, non per vergogna. Ma per quello che ti ho chiesto di fare pensando a soddisfare le mie voglie. Ti sto usando. E dovrei farmi schifo per questo.

Vengo. Lo sguardo di nuovo oltre la finestra.

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