Leggi la storia delicata di Farfalla Sognatrice: due giovani innamorati, un piccolo screzio, l’inizio dell’estate e una casa… di tela.

Ho caldo, strano per una serata di inizio estate e soprattutto per me che tremo alla prima brezza. Stacco la gonna a fiorellini dalla coscia prima di chinarmi ad aprire la zip. La porta della tenda ricade sul materasso appena sgonfio. Il mio occhio finisce sul forellino ricucito nella zanzariera e mi ritrovo per qualche secondo immersa nell’odore di legno profumato, distesa mezza nuda con te, l’eco della risata di quando per sbaglio bruciasti il tessuto.

Mi giro a cercare la tua mano, improvvisamente mi ricordo che sei ancora un po’ scottato per quella risposta scocciata che ti ho dato prima. Mi congelo in un istante, nell’attesa della mano che potresti non allungarmi.

Mi vuoi bene, lo so, però la tua mano tiepida, invece di raggiungere la mia, mi spinge leggermente la schiena.

Cado sul materasso in maniera scomposta e mi sbrigo a girarmi rigidamente.

“Ehi!” Ma dove sei? Mi sporgo dall’entrata della tenda e non ti vedo. “Che cavolo…?” Improvvisamente un tuo braccio mi avvolge la vita. Sobbalzo, mi giro e ti vedo allungato attraverso la porta posteriore, coi piedi ancora di fuori, non ti ho sentito aprire l’entrata dietro! Mi viene da ridere ma mi sento interdetta, mi avrai perdonato?

Ti vedo inciampare nella coperta mentre ti affretti a chiudere anche la porta che è dalla mia parte, mi trattengo, ma quando finalmente mi guardi i miei occhi già ridono! Con uno scatto felino mi sollevi il vestito e mi abbandono a una gran risata mentre mi blocchi e mi fai una grassa pernacchia sull’ombelico.

Ne approfitti subito per scavare con la mano sotto la mia coscia e gratterellare sotto il ginocchio. “Basta!” dico, già senza fiato, anche se so che non ti fermerai.

“Mi dispiace per prima, non volevo trattarti male!”

“Non fa niente, tanto ormai ti conosco”. Rispondi.

Dico piano: “Io però vorrei cambiare”, mentre cerco di respingere un’ondata di malinconia crescente.

Senza guardarmi rispondi: “Spero che ci riuscirai presto”.

Piango silenziosamente e le lacrime piene di vergogna scaldano la tua mano che è lì, vicino al mio viso. Non ti stupisci e mi dici: “Dai!”

Avvolgi il mio corpo rigido scosso da qualche singhiozzo, lo sollevi con forza e cerchi di scaldare le mie gambe e le mani diventate gelide, ma né le parole, né la frizione danno risultato. All’improvviso il tuo corpo è su di me. Mi sorprende la tua carezza leggera sui capelli, il tuo fiato sul mio collo. Hai deciso di provare a scaldarmi lo stesso?

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Inizi con calma a tranquillizzarmi: bevi le mie lacrime e mi baci con brevi schiocchi su tutto il corpo, passando da una parte all’altra a grandi salti. Il lavorio frenetico della mia mente si blocca, come le lacrime, mentre assaporo i piccoli brividi che partono dai punti in cui mi tocchi e in cui mi baci e che si irradiano come una scossa. Socchiudo gli occhi e ascolto la notte al di fuori di noi. Mi accorgo che il rumore dei miei pensieri ha, fino a quel momento, coperto il fruscio di una quercia e il grillo uscito col primo caldo, che spezza ritmicamente il chiacchiericcio di qualcuno che si diverte non lontano dalla nostra tenda. Riapro gli occhi: sei sopra di me e mi guardi interrogativo.

Le mie labbra si sollevano in un sorriso senza che io le possa fermare e ti vedo rilassarti. Guardo la tua silhouette scura contro l’arancione grigiastro della tela e mi domando se davvero abbia senso pensare, perché in quel momento l’unica cosa che mi viene da fare è abbandonarmi al formicolio che si insinua nel mio ventre e che mi dà una sensazione di immotivata euforia.

Ti giri leggermente e ti appoggi su un fianco, mostrandomi la curva della tua schiena e del sedere, sorella di quella delle tue labbra che si contrappongono alla tensione dei muscoli. Mi accosto al tuo corpo, sfiorando la tua tonica morbidezza e ti sento sussultare. Il mio naso finisce accanto al tuo collo, così in un sol respiro accolgo l’odore di mare e melone che hai addosso e quello più pungente del tuo corpo che ha camminato nel sole del pomeriggio, questo cocktail mi dà i brividi, lo butto fuori e lo annuso ancora in maniera più profonda.

Tu non mi tocchi, ti sento respirare sempre più piano e qualcosa comincia a premermi sulla coscia, bollente! Infilo le labbra tra le tue. Le trovo fantasticamente fresche. Inizio a leccare e succhiare nel modo più lento possibile per godere ogni secondo di contatto. Intanto sposto una mano lungo la tua nuca e poi tra i capelli, attenta a fare movimenti millimetrici per poter percepire qualsiasi cambiamento del tuo corpo. Ti sento fare piccoli fremiti e avverto il tuo desiderio sempre più rigido contro di me.

Ci fermiamo un attimo e lasciamo i nostri corpi dar forma alle sensazioni, assaporarle, finché tu vacilli e non c’è più posto per l’attesa! Mi avvolgi in un abbraccio e sciogli il fiocco del vestito dietro al collo, lo lasci scivolare lungo le spalle fino a scoprire il seno su cui ti tuffi dolcemente. Inizi a fare piccoli cerchi con le labbra attorno ai capezzoli, li tocchi leggermente con la lingua, con le mani ed al tuo soffio leggero il mio corpo si inarca di colpo. Mi sento invadere contro ogni mia volontà, contro il pensiero e le aspettative, mi sento dominare da una scossa di piacere che va e viene sempre più veloce.

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Mi lecchi e non sento più me stessa: perdo a tratti la percezione delle mie braccia che crollano abbandonate. Mi avvolgi il capezzolo e sento vibrare il mio pube, nel profondo. Chiudo gli occhi e sento la testa girare, affondo le mani tra i tuoi capelli e sono con te su di un altro mondo, non ho più corpo, non so chi siamo, so solo che non posso far altro che volerti bene e volerti accanto in un unico spazio infinito. Ma l’equilibrio si spezza: mi sfiori in basso, ti fai strada con le dita ed entri in me.

Mi riporti immediatamente a me stessa, mi invadi di fremiti; non posso resistere sono qui, ora, e tu mi desideri. Sulle mie palpebre chiuse si disegna il tuo corpo, i tuoi occhi socchiusi, le labbra aperte appena per sospirare, i muscoli rilassati ma attenti. La tua grande e dura forza mi cerca, mi sfiora, la immagino toccarmi appena, gonfiarsi e ti vedo gemere. Intanto il mio corpo trema sotto le tue mani, sotto la tua bocca e ancora la mia mente dipinge nitida la tua voglia, il tuo sguardo che segue ogni dettaglio del mio corpo e che lo desidera ardentemente e, quando la tua mano mi penetra di nuovo, ti immagino esplodere su di me, con me e arrivo con gioia.

Mi dici: “Ci sentiranno?” Boh…” Non mi importa, anzi mi piace l’idea che i nostri sospiri invitino altri ad amarsi.

Mi accarezzi, mi attraversi, mi sollevi e mi lasci, mi sostieni e mi abbracci. Il tuo corpo si incastra e si districa, mi dice che sta bene, ma che ha caldo, che sta scomodo, ma che non vuole lasciarmi. Mi piace portarti al limite, mi piace superarlo. Sospiri profondamente, allenti la presa su di me e ti abbandoni a te stesso strizzando leggermente gli occhi; io ti seguo con gusto, do tutta me stessa senza paura, con fiducia, mi libero del desiderio. Quindi ci ritroviamo accostati. Il corpo ha avuto tutto, non chiede più nulla, ci dà una tregua colma di benessere e non ci resta che riposare.

Ascolto il tuo cuore e so che mi ami. Non cerco più parole, il tuo corpo mi ha detto ciò che volevo. Schiudiamo la tenda mentre il nostro abbraccio non ha voglia di sciogliersi ed una brezza al profumo di gelsomino si infila tra di noi. È la natura che benedice la nostra unione in questa casa di tela.

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