Clara e Alberto sono a cena nel ristorante migliore della città e si vede lontano un miglio che è una di quelle cene destinate a finire con lui che tira fuori una piccola scatolina e lei che finge sorpresa.

Almeno questo è quello che pensa Ugo, 27 anni, laureando in ingegneria, la prima giovinezza consumata tra studi faticosi e un’altrettanto faticosa gavetta nella carriera ben più remunerativa di cameriere. Felicemente approdata, dopo anni di osterie da tavolate di fine anno scolastico, in un ristorante con 2 stelle Michelin.
Il doppio della paga per la metà della fatica.

Ma questo non basta a sopire il livore di Ugo, il suo rancore verso una società ingiusta, dove ci sono persone, come quei due lì, che possono spendere in una cena quello che lui paga per l’affitto del suo monolocale triste di periferia.
Quelli, sicuro, abitano in centro.

Lei è una bella figa, una di quelle che lui si farebbe, se le sue spalle non si fossero curvate per anni sui libri e sui piatti di portata, se i suoi occhi azzurri non apparissero sbiaditi dietro le lenti degli occhiali, se i suoi capelli ricci non avessero sempre quella patina oleosa.

Non è brutto Ugo, tutt’altro, ma l’aria da sfigato è un repellente ancora maggiore per le poche femmine ingegnere che incontra all’università e lo rende addirittura invisibile alle ricche avventrici del ristorante.

Ma quella lì se la farebbe, eccome. Alta, magra, non abbastanza per essere una modella, ma con quell’aria preziosa delle donne ricche, quella nonchalance che Ugo ha imparato a riconoscere così bene, quei vestitini che sembrano fatti di niente eppure cadono addosso così perfetti.
Ugo osserva il suo seno piccolo occhieggiare dalla scollatura morbida del tubino nero e sa benissimo che non c’è nessun reggiseno ad avvolgerlo. Lo capisce da come il capezzolo modella la maglia leggera del vestito, da come il seno si muove morbido quando si protende verso di lui.
Lui anche è un bel tipo: moro, piazzato, capelli cortissimi. Ma chiaramente non attira la sua attenzione allo stesso modo.

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Ugo li osserva perché, anche se appena li ha visti arrivare ha pensato a una cena di fidanzamento, adesso che sono lì da un po’, è più perplesso. Mangiano composti, parlano poco, sembrano annoiati l’uno dall’altra. Poi l’uomo solleva una mano a chiamarlo e Ugo pensa che sia arrivato il momento: ordinerà champagne e le presenterà la scatolina. Peccato che sulla mano abbronzata di lei spicchi già un anello di fidanzamento grosso come una nocciola. E Ugo lavora in quel posto da abbastanza tempo per sapere che non si tratta di uno Swarovski.

Un po’ irritato per essere stato preso in contropiede, si avvicina al tavolo. Lei solleva il suo sguardo e c’è una luce di malizia che Ugo non sa come interpretare, lui che agli sguardi delle donne non è abituato.

Si insinua in lui la sensazione di essere al centro di un gioco sconosciuto.

L’uomo ordina la bottiglia di champagne più costosa che ci sia sul menù e quando Ugo si allontana, vede la donna tirare fuori una scatola, un po’ più grande di quella che servirebbe a contenere il magnifico anello che indossa al dito, quadrata, piatta, che sicuramente esce da una gioielleria.

Ugo torna solerte al tavolo, a questo punto è curioso anche lui: la scatolina è ancora lì, chiusa, ma l’uomo gli fa cenno di aspettare ad aprire la bottiglia.

‘Prima voglio vedere cosa c’è qui dentro, se è veramente quello che credo.’

Appaiono eccitati adesso, tutti e due, hanno abbandonato l’aria annoiata.

Lei lo fissa come un boccone prelibato da mangiare, lui ha gli occhi sulla scatola, mentre un leggero rossore gli imporpora le guance e la nuca con i capelli tagliati di fresco (sono pochi i particolari che sfuggono a Ugo, lui che ha passato una vita da spettatore).

L’uomo solleva lentamente il coperchio e lo richiude di colpo, mentre una luce di trionfo brilla nei suoi occhi. Ma Ugo è stato più veloce del suo scatto e ha intravisto un paio di manette adagiate sul velluto blu notte della scatola. Non può fare a meno di domandarsi se siano d’argento.

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L’uomo fissa la donna con la stessa voracità con cui lei guarda lui, un’intesa così forte tra loro che Ugo si stupisce di averli scambiati, anche solo per poco, per una coppia annoiata. Si guardano a lungo ed è come se si parlassero con gli occhi, Ugo è sulle spine, in piedi con la bottiglia di champagne bene in vista, indeciso sul da farsi.

Perché riesce sempre a infilarsi nelle situazioni più ridicole? Anzi, perché le situazioni ridicole si ostinano a cercare lui con tanta pervicacia?

È sul punto di andarsene quando l’uomo, sempre con gli occhi persi in quelli della donna, lo interroga

‘Come si chiama?’
‘Prego?’
‘Qual è il suo nome?’

Una nota di arrogante impazienza nella voce, quell’arroganza con la quale Ugo deve fare i conti tutti i giorni, l’arroganza di chi ha tutto e neanche immagina che quel tutto è suo per il puro caso della sorte, che niente gli è dovuto.
‘Cosmati Ugo.’

Lei sbotta in una risatina breve, ma continua a fissare il suo uomo

‘Signor Cosmati, io e la mia fidanzata vorremmo berlo nell’intimità della nostra casa questo champagne.’
‘Bene signore, glielo incarto subito.’
‘Ci farebbe molto piacere la sua compagnia.’
‘Certo signore.’

Le parole gli sono uscite di bocca automaticamente, per la forza di un’abitudine a obbedire che va avanti da troppo tempo.

Ma, mentre si dirige in cucina, Ugo pensa solo ai possibili significati di quell’invito. E sa che non può abbandonare il posto di lavoro, ecco la scusa ideale per tirarsi fuori da una situazione che, francamente, sembra più che altro assurda.

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È quello che dice all’uomo (la donna si rifiuta di guardarlo, dopo quell’occhiata maliziosa che lui non ha saputo interpretare) mentre gli porge la bottiglia incartata e infiocchettata.

Ma l’uomo lancia uno sguardo alla saletta del ristorante, dove solo una coppia di anziani signori siede, e mentre gli pone in mano un biglietto da visita con una banconota da 500 euro, ribatte che è sicuro che troverà un modo per liberarsi e raggiungerli il prima possibile.

Ugo si rifugia in cucina e si rigira la banconota tra le mani, senza capire. Cosa potranno volere da lui?
La sua fantasia di ingegnere non gli viene in aiuto. Ma in una sera ha guadagnato più del suo affitto e magari, chi lo sa, quello potrebbe essere solo il primo di una serie di incontri. Magari devono fargli una proposta. Magari…

Ugo non sa nulla, ma oltre alla lusinga della banconota da 500 euro che fruscia tra le sue dita, c’è la curiosità. È quella che lo convince a inforcare la sua bicicletta e dopo 5 minuti di viuzze tortuose e di vento sferzante si ritrova davanti all’ingresso di un palazzo del centro. Suona il citofono e sale, come da istruzioni, fino al secondo piano.

La porta dell’appartamento è aperta e il suono del tappo dello champagne lo accoglie sulla soglia.

L’uomo gli viene incontro, lo tratta con estrema gentilezza adesso, si prende cura del suo cappotto e lo invita ad entrare in una sala dal soffitto altissimo, decorata con stucchi.
La donna è adagiata felina su un divano di pelle che troneggia davanti a una televisione appesa alla parete. Un tavolino basso tra divano e televisione completa l’arredamento della stanza, che appare elegantemente spoglia.

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Non si alza per accoglierlo, ma si distende ancora di più, le lunghe gambe abbronzate e nude, il vestito, già corto, ancora più sollevato in quella posa lasciva. Ugo siede in punta, di fianco a lei, a pochi centimetri dai suoi piedi smaltati di rosso, estremamente a disagio. Trangugia lo champagne che l’uomo gli porge e le bollicine gli danno una scossa di euforia. La stanza è piacevolmente calda.
La donna sorseggia il suo champagne sorniona, soppesandolo con lo sguardo, mentre l’uomo gli riempie di nuovo il calice.

E, con parole scelte, lo introduce alla situazione.

Continua…

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