La settimana senza di lei è stata lunga, lunghissima. Nessuna telefonata, per quanto erotica, potrà mai sostituire il brivido del suo corpo caldo a contatto con il mio, l’incastro perfetto dei nostri pieni e dei nostri vuoti, l’alito del suo respiro dentro il mio orecchio. È venerdì e mi sono svegliato con una notevole consapevolezza nelle mie zone basse, è come se il mio corpo anticipasse già la sua vicinanza. Ho fatto il mio dovere, come al solito, ho chiuso il corpo fuori di me, ho seguito tutto quello che è stato detto durante ben due riunioni, ci ho infilato anche qualche ora molto produttiva di lavoro e un report super dettagliato che servirà al mio capo, lunedì, per farsi un’idea molto precisa di quello che si è deciso, e a me per avere una visione d’insieme di questa settimana lavorativa.
Ma da quando il mio sedere si è appoggiato al sedile della macchina, da quando il mio muoversi è stato un muoversi verso di lei, la mia mente è diventata un acquario e il mio corpo ha ripreso prepotentemente le redini della situazione. Quando il pilota automatico che ha preso il controllo di me mi ha fatto sterzare nel vialetto d’ingresso della nostra casa, quando ho sentito il familiare scricchiolio della ghiaia sotto le ruote, la mia erezione è ormai inequivocabile sotto la stoffa dei pantaloni. Non mi importa. La mia mente è staccata da tempo, e il mio corpo non vede l’ora di dare seguito a quello che è così pronto a fare.
Giro la chiave nella toppa e aspiro avidamente l’odore di casa, quell’odore che contiene, in parte, anche il profumo di lei. Poi percepisco, inconfondibile, il suono di più voci.
Istintivamente porto il soprabito, che tengo ripiegato su un braccio, a coprirmi l’erezione e mi affaccio in salotto. Laura è la prima persona che vedo: seduta, un po’ rigida, sull’orlo del divano. Solleva i suoi occhi neri su di me e nella loro cupezza vedo specchiato il mio desiderio. Di fronte a lei, decisamente più rilassati, sono seduti Carla e Giulio, una coppia di amici e vicini di casa.
Sono passati a farci un saluto e Laura li ha invitati a restare a cena: è mia moglie a spiegarmi tutto questo e, come già nel suo sguardo, anche nella sua voce intuisco quella carica di desiderio represso che così perfettamente echeggia il mio. Getta uno sguardo veloce alla mano con il soprabito che copre opportunamente il cavallo dei miei pantaloni e sono sicuro di intravedere un’ombra di sorriso attraversare le sue labbra.
Laura si alza: indossa uno dei miei vestiti preferiti, un abitino di seta pieno di bottoni da sbottonare, rimbocca il bicchiere dei nostri amici.
‘Ragazzi, mettetevi comodi, faccio vedere una cosa a Stefano e torno da voi.’


Mi passa davanti e il mio sesso, opportunamente coperto dal soprabito, ha un guizzo al solo sentirla avvicinarsi. Si avvia nel corridoio e mi precede lungo le scale. Rimango un attimo stupito dalla rapidità del tutto, ma mi affretto a seguirla. La mia mano la raggiunge prima che abbia il tempo di salire l’ultimo gradino. Mi sfugge con un piccolo balzo in avanti, si mette a correre lungo il corridoio che rispecchia quello del piano di sotto. La seguo fin dentro la nostra camera, finalmente riesco ad afferrarla e finiamo contro la porta con tutta la forza dei nostri corpi uniti. Una corrente elettrica ci attraversa entrambi, ho già una mano sul suo sesso e non mi stupisco di trovarla bagnatissima. Così come lei non si stupisce di trovarmi duro. Ci baciamo con foga, senza dire niente. Ho ancora il soprabito in mano. Lei inizia ad allentarmi la cravatta, a sbottonarmi la camicia, ad armeggiare con la cintura, io le tiro i seni fuori dal vestito leggero, ma di più non riesco a fare perché lei scende sempre più in basso, mi apre la zip, mi fa scivolare i calzoni a terra, mi tira il sesso fuori dai boxer, se lo porta alla bocca e io non posso fare a meno di emettere un suono gutturale che per un attimo ci lascia entrambi senza fiato. Tratteniamo il respiro cercando di capire cosa succeda di sotto, ma con la porta della camera chiusa e la distanza che ci separa, è impossibile capire cosa Carla e Giulio stiano facendo. Probabilmente quello che facciamo noi: allungano le orecchie per seguire i nostri movimenti.
Laura comincia a muoversi con il mio sesso in bocca. Lo prende in mano, alla base, lo percorre tutto, facendo seguire all’abbraccio caldo delle sue labbra quello più deciso delle sue dita. Arriva fino in cima, sento la sua lingua avvolgermi il glande, sento la sua cavità accogliente abbandonarmi quasi e riavvolgermi di nuovo, lentissimamente, dall’alto verso il basso, prima le dita forti, chiuse intorno a me e poi le labbra morbide. Vorrei andare avanti così all’infinito, ma abbiamo sempre meno tempo, ogni minuti che passa renderà il nostro ritorno in sala più imbarazzante. Con uno sforzo sovrumano la allontano da me. Forse le stringo le spalle con più forza del necessario, la sollevo verso di me quasi di peso.
‘Devi scendere.’ Le sussurro appoggiando la mia fronte contro la sua e cercando di tenere sotto controllo il mio istinto.
‘E tu cosa farai?’ Ribatte lei. ‘Resterai qui a prenderti cura di lui?’ Accenna al mio sesso eretto che marca la distanza tra di noi e va ad appoggiarsi alla seta del suo vestito. Ha ancora i seni scoperti. Cercando di non sfiorare i suoi capezzoli sollevo il vestito in modo da coprirli.
‘Mi farò una doccia fredda.’ Sospiro.
‘Bugiardo.’ Sussurra lei, con una mano già sulla maniglia della porta. Non so cos’è che mi fa perdere quel momento di lucidità così faticosamente conquistato. Se il tono provocatorio della sua voce o lo sguardo che mi rivolge che arriva al mio sesso più diretto della sua bocca. Con un gesto che la sorprende chiudo la porta davanti a lei, la giro e ce le spingo contro. Le mie mani frenetiche raggiungono il suo sesso bagnato, le dita tremanti spostano gli slip che indossa. Lei inarca la schiena verso di me e io mi guido dentro di lei. E finalmente siamo uniti. Niente è paragonabile a questo, questo ritrovarsi, questo piacere che si consuma e rinasce ogni volta più grande. Le copro la bocca con la mano per attutire i suoi gemiti di piacere mentre cerco di controllare i miei. Vorrei stare dentro di lei per ore, ma cerco di accelerare in ossequio ai nostri ospiti. ‘Vieni, adesso.’ Le chiedo. E anni di pratica fanno sì che, dopo pochi attimi, lei esploda intorno al mio sesso. La seguo a ruota. Restiamo un attimo ansimanti, appoggiati alla porta, poi lei mi allontana, quasi bruscamente, si tira su il vestito, si toglie gli slip e, dopo avermi offerto per un attimo la visione del suo sesso nudo, lascia ricadere la gonna e mi porge gli slip. Rimango come un idiota con i suoi slip bagnati in mano, mentre lei si avvia fuori dalla porta, la sento chiamare i nostri ospiti dalla cima delle scale, formulare non so quale scusa. Avvicino gli slip al viso e ci affondo il mio naso. Potrei ricominciare da capo, vorrei ricominciare da capo. Invece mi dirigo in bagno per una doccia. Fredda.

Questa storia si ispira a Welcome Home di Stan Lucia che puoi trovare, in inglese, qui

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