Ecco un’altra storia che ci arriva da voi, ce la manda S.R. e racconta di litigi e paci fatte, di cancelli che diventano sostegni e di letti a castello che diventano alcove, ma soprattutto di un modo di fare l’amore che è allo stesso tempo perdersi e ritrovarsi. Fantasia? Realtà? A te, cara lettrice, amato lettore, l’ardua sentenza. 😉

Litighiamo sempre, o meglio spesso.

Anche oggi: mentre guidavo, in auto, all’Obi, nel parcheggio. Ci urliamo contro e non lo sopporto, ti giuro. Non ti sopporto quando fai il perentorio, il prepotente; quando pensi di sapere cose di me che non sai, quando mi vuoi insegnare e pensi di essere migliore.

Non ti sopporto e non mi sopporti. Non ci capiamo.

Quindi litighiamo. E poi ci capiamo. E poi facciamo pace.

Ma siamo troppo orgogliosi per fare pace con il sesso. A noi ci vuole tempo per riprenderci, ci sentiamo fragili e vulnerabili. Fare l’amore ci renderebbe ancora più nudi di quanto non siamo già. Scorticati.

E poi…

Dopo l’Obi prendiamo le nostre cose e torniamo a casa. Affamati. Ci godiamo il sole mentre aspettiamo che arrivi il pranzo.

È la prima domenica di aprile e la primavera tarda ad arrivare. Ma il sole, quando compare tra le nuvole, scalda e illumina. Ridiamo e ci prendiamo in giro per quanto siamo pallidi, uguali. Parliamo di cose serie: guerra, diritti, indipendenza. E poi delle soddisfazioni: l’acquisto di una casa, le sfide affrontate, il lavoro.

Il sole ci rilassa e ci rasserena, dopo tutte quelle urla.

Il relax ci pervade e mi ricorda tanto la prima sera insieme, dopo quel sesso che era più sfida e voglia di amore che sesso vero e proprio, quando ci siamo messi nello stesso terrazzino a parlare di astrofisica e guardare le stelle.

Questa volta ci incastriamo e ci riscaldiamo: non è così caldo e non dobbiamo fare i fighi per forza. Arriva il pranzo e se ne va, insieme ad un’altra incomprensione. E poi ci ritroviamo, come sempre. Questa volta lo sguardo è più intenso.

Ce l’abbiamo fatta e scegliamo noi. Sempre.

In un attimo ti salto addosso, stile cucciolo di koala, che sembra una cosa coccolosa e dolce. Ma dentro sta montando una cosa diversa, più profonda e viscerale.

Continuiamo per un po’ a stuzzicarci. E poi ci mettiamo a sistemare la mia auto, parcheggiata in strada davanti a casa.

Devo costruire un letto quindi mi ci infilo dentro. Sento i tuoi occhi addosso, pesanti, intensi. Bollenti. Sento i tuoi occhi sul mio lato b che, nemmeno a farlo apposta, è l’unica cosa che si vede di me.

Troviamo una soluzione, e mi chiedi “Come faremo a fare l’amore qui?”. “Lo faremo nella tua auto” la mia risposta. Un bacio. Usciamo al sole che ci stordisce.

Ci metto un po’ a riprendermi ma appena lo faccio sento il tuo corpo addosso. Mi prendi in braccio e mi sbatti con la schiena addosso al cancello.

Sento qualcosa gonfiarsi, irrigidirsi ed eccitarsi tra i tuoi pantaloni grigi della tuta (mi ecciti troppo con quei pantaloni). So di essere già bagnata ma non te la voglio dare vinta subito. Mi piace provocarti come a te piace provocare me.

Mi aggancio con le mani al cancello e lo uso come sostegno poi, lentamente, faccio scivolare in basso il bacino per sentire meglio il tuo sesso. E tu senti me.

Con le gambe porto i tuoi pantaloni verso il basso, si sfilano facilmente; io, agganciata al cancello, sono una preda facile: non posso muovere le mani, alla tua completa mercè. In un attimo mi sei dentro. Lentamente e profondamente.

Lo facciamo per strada, se passasse qualcuno in questo momento, ci vedrebbe inequivocabilmente. Ti è sempre piaciuto farlo all’aperto, ci è sempre piaciuto il rischio. Ma questa è solo un’anticipazione…

Non so quanto è passato ma non possiamo continuare a farlo per strada. Le mie braccia lasciano il cancello e mi aggrappo al tuo collo; mi sussurri “andiamo in casa”. Mi porti fino al letto a castello e ci spogliamo.

Non vedevo l’ora di sentire i nostri corpi nudi una sopra l’altro.

Amo il calore che ci diamo, amo che ogni volta che lo facciamo è come se fosse la prima. Il tuo sguardo lascia percepire quanto ti piaccio nuda: mi fa sentire così sexy.

Noi, da prima, non ci siamo ancora staccati. Corpo a corpo. Ma riprendiamo lentamente da dove siamo rimasti. Mi sfilo da te, solo per sentire la mancanza, solo per tornare a cercarti e avvolgerti. E tu non puoi sopportarlo, lo so. Ma sai che sarà per poco e poi sarà ancora più bello. Trovo l’incastro e vado piano, adoro sentire la punta, adoro la sensazione di spessore, solidità, adoro sentire quello scalino tra cappella e asta. E a te piace quasi più di me.

E questa volta ci vuole un attimo, non riusciamo ad andare piano. In qualche secondo stiamo già prendendo velocità, ansimando. La tua bocca assapora i miei capezzoli turgidi, e poi li mordicchi. E io esplodo di piacere, non riesco a trattenermi.

Ti voglio ancora, non voglio che finisca così presto.

E allora continuiamo, su e giù, piano e forte, intenso e lento, leggero e veloce. Andiamo avanti, dimenticandoci del fatto che per tornare a casa hai un orario e un autobus, dimenticandoci della porta di casa aperta o di quanto urliamo. E vengo di nuovo, twerkando sul tuo cazzo.

E, in un attimo, sento il tuo liquido caldo inondarmi, scivolarmi dal seno alla pancia, fino a più giù. Sei venuto anche tu questa volta.

Ed è la cosa più bella che potesse accadere, dopo tutto quello che abbiamo affrontato oggi.

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