LELO_VOLONTE_L'arte dello shibari

L’intricata arte dello shibari, il bondage giapponese

Ti accosti all’arte della legatura erotica giapponese,  il famoso shibari e pensi di sapere, più o meno, di cosa si tratta.  E invece, più approfondisci l’argomento, più scopri la sua vastità.

Proviamo a darti un assaggio di questa complessità e più che aiutarti a trovare delle risposte, speriamo di farti venire la curiosità di porti altre domande.

L’arte (recente) della legatura erotica

Quando si parla di shibari e kinbaku, si ha spesso l’impressione che quella della legatura erotica sia un’arte che si tramanda segretamente da secoli in Giappone e che solo di recente sia venuta alla luce.

In realtà, si tratta di un’arte piuttosto giovane, anche se affonda le sue radici nel passato, e possiamo risalire con precisione alle sue prime manifestazioni che si collocano in Giappone, negli anni ’50 del ‘900.

Shibari e kinbaku, la questione del nome (e dell’anima)

Nell’ambito della comunità BDSM e non, si è a lungo discusso e si continua a discutere su cosa sia shibari, cosa sia kinbaku e se i due termini siano intercambiabili.

Shibari è una parola che in giapponese significa legatura, mentre kinbaku significa legatura stretta.

C’è ancora chi considera il termine shibari, molto diffuso in Occidente, come una specie di errore di traduzione: una parola che vuol dire sì, legare, ma che non ha niente a che vedere con la legatura erotica. In realtà, questa teoria è stata più volte smentita e chi frequenta gli ambienti BDSM giapponesi sostiene che le due parole siano usate intercambiabilmente dai madrelingua.

Un’interpretazione dei due termini sempre più ampiamente riconosciuta all’interno della comunità BDSM è invece quella che definisce lo shibari come l’arte della legatura erotica a scopo estetico, in cui l’accento viene posto sulla bellezza del risultato finale, mentre kinbaku sarebbe un’esperienza più eroticamente coinvolgente.

Alle origini, pittoriche, militari, visionarie della legatura erotica

La legatura erotica, come dicevamo, è un’arte recente, di cui possiamo ricostruire abbastanza fedelmente le origini e i padri fondatori. Uno di questi, il più importante e famoso, è sicuramente Seiu Ito, un pittore giapponese nato nel 1882 che nutriva un profondo feticismo per le scene di tortura del teatro Kabuki (il teatro tradizionale giapponese).

Proprio per dare seguito al suo feticismo, Seiu Ito studiò l’antica, questa sì, arte della legatura che conobbe la sua massima diffusione in Giappone durante il periodo Edo (1600 – 1860), il cosiddetto hojō-jutsu.

L’hojō-jutsu è un’arte marziale che consiste nell’immobilizzare un prigioniero tramite l’uso delle corde. In passato, si è fatto di uso di quest’arte non solo per immobilizzare, ma anche per torturare il prigioniero, decretarne lo stato sociale e il tipo di umiliazione a cui era sottoposto. Nodi specifici erano riferiti a precise classi sociali e costituivano una specie di messaggio non scritto.

Questa forma di costrizione è stata usata fino alla seconda guerra mondiale ed è poi scomparsa insieme al vecchio Giappone.

Tsukiyoka Yoshitoshi (1839-1892) è considerate l’ultimo grande esponente della forma d’arte nota come ukiyo-e, ovvero dell’incisione colorata su legno. Personalità complessa, Tsukiyoka Yoshitoshi era a sua volta ossessionato da scene di violenza che riproduceva nelle sue incisioni. Una delle più famose di queste, è l’immagine che mostra una donna incinta, legata e sospesa a testa in giù, mentre un vecchio affila una lama sotto di lei (Oshu adachigahara hitotsuya no zu).

Quest’opera ebbe una tale influenza su Seiu Ito che l’artista la volle riprodurre utilizzando come modella la propria moglie incinta, che fotografò legata e sospesa a testa in giù, esattamente come nell’incisione di Yoshitoshi: era nato il kinbaku.

Seiu Ito si dedicò allo studio dello hojō-jutsu e pose le basi di quello che poi è diventato il moderno shibari o kinbaku che dir si voglia.

Spettacoli dal vivo a sfondo pornografico dove modelle venivano legate davanti a un pubblico pagante divennero popolari in Giappone negli anni ’50. Questa forma di arte erotica dilagò nella fotografia e di qui nella moda e nel costume, fin quando, intorno agli anni ’90, iniziò a diventare sempre più conosciuta e popolare anche in Occidente. Da allora, le due sensibilità, occidentale e orientale, si confrontano e sviluppano forme diverse, a volte complementari e a volte parallele di quest’arte che rientra nell’immaginario BDSM di controllo e rinuncia, dominazione e sottomissione, erotismo e sofferenza.

L’arte e la tecnica

Il kinbaku è un’arte che richiede una grandissima preparazione. E, come tutte le arti, si basa su un tecnica molto precisa. I tipi di legatura sono fortemente codificati anche se, una volta conosciute le principali legature (e le norme di sicurezza!) si può sviluppare uno stile proprio.

Per quanto riguarda lo strumento impiegato, in Giappone si usa quasi esclusivamente una corda di juta o canapa, della lunghezza di 7 metri circa (circa il doppio dell’apertura delle braccia di un uomo, considerando che la corda viene sempre usata doppia) e dello spessore di 6 mm per le legature principali e di 4 mm per i dettagli o le legature che non richiedono la sospensione.

In Occidente c’è una maggiore varietà di materiali e in genere si sceglie una corda un po’ più lunga.

C’è poi un complesso sistema di trattamento della corda, che viene lavata, ‘levigata’ (si bruciano i piccoli filamenti che ne fuoriescono) e oliata per renderla piacevole al tatto ed esteticamente gradevole.

Alcuni artisti moderni, per i quali lo shibari è diventata una vera e propria forma di espressione, più che uno scambio erotico, usano poi corde di grande impatto visivo, come corde fosforescenti, colorate o in seta e nylon.

Da notare che le corde di materiale naturale sono meno dannose sulla pelle, mentre quelle sintetiche hanno maggiore probabilità di provocare le cosiddette ustioni da sfregamento.

Filosofia della legatura, tra BDSM e incontri di civiltà

Esistono alcune differenze tra i modi in cui il kinbaku viene percepito in Giappone e nel resto del mondo. E anche tra i vari praticanti e maestri, ci sono, come è naturale che sia, molte correnti di pensiero. C’è chi si esibisce nell’ambito di spettacoli pornografici e chi partecipa a eventi di moda e lanci di prodotti, chi si considera un artista e chi va semplicemente alla ricerca di una connessione, erotica o meno, con la modella.

Il rapporto tipico è quello tra un dom – uomo, colui che lega e che nel caso dello shibari si chiama ‘rigger’ (o nawashi, alla giapponese) e una sub, donna, una modella chiamata ‘bunny’ (rope bunny). Ma le combinazioni sono infinite e non mancano ovviamente donne che legano donne, uomini che legano uomini e donne che legano uomini.

Chi considera lo shibari come una legatura erotica, vede le corde come un prolungamento delle mani del rigger, che costringono, avvolgono, sostengono il bunny. Il rigger si pone in una posizione di grande umiltà e ascolto e cerca di interpretare le esigenze, fisiche e psicologiche o i desideri erotici del(la) bunny.

Molto illuminante in questo senso è l’intervista a uno dei maestri contemporanei dello shibari, Osada Steve che puoi trovare in inglese qui (molto godibile anche se resa piuttosto ostica dal forte accento di Osada Steve).

Come in qualsiasi rapporto dom-sub, entrambe le parti coinvolte hanno lo stesso tipo di responsabilità e c’è un continuo scambio di potere tra i due.

Nello shibari giapponese, tuttavia, viene in genere a mancare la cosiddetta ‘negoziazione’, ovvero la sessione non è preceduta da un momento di discussione in cui dom e sub stabiliscono limiti, safe words, informano su eventuali problemi fisici. Viene tutto affidato allo scambio che si instaura tra le due persone e a una partenza molto ‘lenta’, in cui il rigger, studiando le reazioni del bunny, capisce fin dove può spingersi.

In ambito occidentale, invece, è sempre più diffusa questa pratica.

Tutti i rischi dello shibari e perché non lo puoi ‘provare a casa’

Le corde, anche quelle in fibra naturale, hanno un profondo impatto sulla pelle della persona legata, su tutto quello che ci sta sotto, soprattutto nervi, e sulla sua psicologia.

Forzare il corpo in posizioni il più delle volte scomode e innaturali può comportare conseguenze anche molto serie. Per questo è necessario sapere come e soprattutto dove far passare i nodi, quanto stringere, che tipo di corda usare per il tipo di posizione scelta, essere in grado di valutare la risposta fisica e psicologica della persona che si mette nelle mani del rigger e, soprattutto, avere una via di uscita rapida in caso di emergenza, ovvero un paio di forbici sempre a disposizione.

Lo shibari non è un’arte che puoi imparare a casa, seguendo gli innumerevoli video che trovi su YouTube. Puoi certamente iniziare a familiarizzarti con i nodi e le tecniche, puoi provare a legare degli oggetti per vedere se ti riesce un certo tipo di legatura, ma prima di girare le tue corde attorno al corpo di chiunque, devi essere perfettamente consapevole dei rischi di questa pratica e di come evitarli.

Sì, anche se lo shibari ti interessa da un punto di vista ‘sub’, ovvero anche se vuoi essere una o un modello, anzi, a maggior ragione, devi essere consapevole dei rischi e poter valutare l’esperienza della persona a cui ti affidi.

Questa è un’arte che richiede tempo, pazienza e maestria, il che, ovviamente, è uno dei motivi che la rende così affascinante.

Come procedere se ti scopri feticista della corda

La rete abbonda di gruppi, forum, siti specializzati, scuole. Impiega un po’ del tuo tempo a confrontare ‘opinioni e prezzi’. Fatti un’idea delle migliori scuole che si trovano nella tua zona, vai a qualche spettacolo. Se la cosa ti appassiona intraprendi un cammino di scoperta e di conoscenza. Affida il tuo fetish in mani sicure per goderne responsabilmente.

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