Vacanze in Italia_Storia gay

Vacanze in Italia – Racconto erotico

È nato tutto come una classica cotta estiva. Sono due anni che Cesare frequenta l’università all’estero ma ad ogni agosto, cascasse il mondo, torna alla città d’origine. È vicina al lago, ma non è per questo che ci torna. Sono gli amici di sempre che gli mancano quando è fuori, e la famiglia, sono quei piccoli rituali a cui è abituato: lo spritz del venerdì sera e la pizza del sabato, le gite al lago e il suo cane. Il cornetto che la mamma gli fa trovare sul tavolo di cucina a colazione e la cucina stessa, con i mobili anni ‘70 di legno marrone.

Ma se era il conforto delle vecchie abitudini che l’aveva fatto tornare, quell’estate l’aveva completamente spiazzato con la sorpresa dell’amore. Aveva incontrato un uomo più grande di lui e il fatto di averlo conosciuto a una serata a cui erano presenti anche i suoi genitori aveva reso l’incontro ancora più eccitante. Gli aveva chiesto il numero di telefono un attimo prima di andarsene, quando ormai aveva rinunciato all’idea di averlo colpito. 

Si erano visti tutte le sere, fino alla partenza. Niente spritz del venerdì, niente pizze al sabato. E la mattina si svegliava così tardi che il cornetto rimaneva lì, ad attenderlo invano sul tavolo marrone della cucina marrone. 

I suoi non gli avevano chiesto nulla, ma vedevano la felicità nei suoi occhi e rispettavano i suoi spazi. Giusto l’ultima sera, non aveva potuto rinunciare a una cena in famiglia. Aveva risposto distratto alle domande degli zii e alle battute dei cugini, contando i minuti, sperando che tutto finisse in fretta, che avrebbe avuto ancora tempo per vederlo in seconda serata. Ma quando, al suo messaggio, lui aveva risposto che si era fatto ormai troppo tardi, si era sentito gli occhi riempirsi di lacrime. 

Trovarlo all’aeroporto, il giorno dopo, era stata una delle sorprese più belle della sua vita. Si erano abbracciati a lungo e lui gli aveva dato un pacchetto prima di lasciarlo andare. Gli aveva chiesto di aprirlo una volta arrivato a casa, ma Cesare non aveva resistito e l’aveva scartato durante il volo. 

Era un clindro nero di medie dimensioni, aperto ai due lati, con all’interno una parte più morbida, di un materiale rosso e morbidissimo dietro il quale si intuivano dei meccanismi tastando con le dita. L’aveva rigirato un po’ tra le mani, senza capire bene cosa fosse ma intuendo, dentro di sé, che sarebbe stato un mezzo di connessione tra di loro. Poi l’aveva messo via di corsa, arrossendo e sperando di non aver attirato l’attenzione di nessuno, sentendosi in colpa come se avesse rivelato un segreto che doveva restare solo loro.

Il ritorno alla vita di sempre dopo quei giorni magici di acqua e sole e sesso, tanto sesso, sesso a ogni ora del giorno e della notte, sesso in ogni posizione e in ogni situazione, non era stato per niente facile. Tutto sembrava grigio e insapore dopo i giorni gloriosi dell’estate. Il volo di poche ore l’aveva catapultato in un autunno grigio e piovoso, senza colori, senza profumi e soprattutto senza di lui. 

Quando erano insieme si era domandato ogni giorno se quella storia sarebbe potuta durare. Non c’era solo la distanza d’età, c’era anche la distanza fisica. Insomma, tutto remava contro. Ma in quei primi giorni di separazione, lui era stato presente come sempre. E le cose sexy che prima gli diceva e gli faceva di persona, ora le affidava ai messaggi e alle foto che mandava. Chissà se davvero quelle chat erano criptate o se non c’era un grande fratello che si masturbava leggendo i loro scambi, pensava Cesare ogni tanto. 

Gli aveva chiesto subito cosa farne di quel regalo che gli aveva lasciato all’aeroporto. Lui gli aveva detto ‘ogni cosa a suo tempo’, e gli aveva chiesto di scaricare un’app. Cesare aveva eseguito diligentemente, faceva tutto quello che lui gli chiedeva perché quello che lui gli chiedeva lo portava in genere a godere come mai in vita sua; era bastato meno di un mese insieme per convincerlo. 

Poi, finalmente, era arrivato anche il sabato di quella interminabile prima settimana di pioggia e lezioni. L’aveva passato cercando di mettersi in pari con la vita: aveva finalmente disfatto la valigia e buttato alla rinfusa i vestiti nell’armadio. Aveva fatto un po’ di spesa. Aveva incontrato un paio di amici a cui aveva parlato solo ed esclusivamente di lui. Ah, com’era dolce poter raccontare, seppure in un’altra lingua, di quella realtà che assumeva sempre più velocemente i contorni del ricordo, che svaniva tra le sue dita come acqua corrente. 

Era tornato a casa sperando di trovarla vuota, ma immancabilmente i suoi coinquilini erano piazzati davanti allo schermo, a giocare e bere birra. Avevano scambiato qualche battuta stentata e poi Cesare si era chiuso nella sua stanza. 

Era stato allora che lui l’aveva chiamato. 

‘Prendi il mio regalo’. Gli aveva detto. Cesare aveva ubbidito. Aveva dissotterrato il pacco da un mucchio di vestiti. ‘L’hai lavato?’ Gli aveva chiesto. Cesare aveva alzato gli occhi al cielo. “Ovvio!” aveva mentito. 

Lui non era sembrato troppo convinto. “Allora spogliati.” Gli aveva detto con noncuranza. “Come?” Aveva balbettato Cesare, la gola improvvisamente secca. “Hai sentito benissimo.” Aveva sorriso lui dall’altra parte. 

Cesare si era tolto i pantaloni e si era sdraiato sul letto. Aveva ancora addosso i calzini, le mutande e la felpa che qui non era l’Italia. “Ok, adesso che sei pronto, che il mio regalo è lavato e che tu sei nudo (Cesare si era prontamente tolto le mutande), ti ricordi di quell’applicazione che ti ho fatto scaricare?”

Ovvio che se la ricordava, aveva passato ogni momento libero ad esplorarla. 

Lui l’aveva istruito: metti un po’ di lubrificante nel cilindro, accendi l’applicazione, trova il pulsante sul cilindro e schiaccialo. Cesare aveva eseguito coscienziosamente, mentre il suo sesso nudo si sollevava lentamente ma inesorabilmente solo a sentire la sua voce. Erano seguite altre indicazioni. Non era ancora eretto quando lui gli aveva detto di infilarlo nella cavità del cilindro. Era una sensazione strana, come un abbraccio poco convinto. Poi l’abbraccio si era messo improvvisamente a vibrare e Cesare era stato colto di sorpresa. E così il suo sesso che si era immediatamente inturgidito. Non aveva capito subito quello che stava accadendo, che era lui, in realtà a comandare il cilindro, che era lui a decidere quello che sarebbe successo, come avrebbe goduto. 

Ma quando finalmente l’aveva capito, Cesare si era abbandonato più comodo sul letto, mentre sentiva il suo pene indurirsi in quello spazio stretto e pulsante che si faceva via via più caldo. 

Aveva chiuso gli occhi Cesare e subito gli erano apparse, dietro le palpebre, le immagini dei giorni appena passati ma che sembravano già appartenere a un tempo mitico, troppo bello per essere vero. 

Ricordava la prima volta che lui l’aveva toccato. Erano sui lettini di un locale che affacciava sul lago, poco lontano da loro c’erano altre persone. Lui gli aveva infilato una mano nei pantaloni e aveva iniziato ad accarezzarlo, mentre Cesare poteva sentire distintamente la conversazione che avveniva a pochi passi da loro. E in Cesare si era creata una specie di dissociazione tra il piacere che sentiva crescere dentro di sé e il dialogo di cui non riusciva a perdere nemmeno una battuta. Ed era stato vicino, vicinissimo all’orgasmo quando lui, forse intuendolo,  aveva ritirato improvvisamente la mano. Cesare aveva avuto un sussulto, come quando inciampi e ti riprendi all’ultimo prima di cadere. Ed era rimasto tutta la sera con quella sensazione di piacere serpeggiante tra le membra, mentre lui lo affascinava con la sua conversazione arguta e lo guardava con quegli occhi sorridenti. E quando finalmente si erano trovati da soli, a casa sua, lui l’aveva lubrificato e penetrato, l’aveva messo a quattro zampe e con una mano aveva ripreso da dove si era interrotto e Cesare era venuto così in fretta e così forte che poi non ci aveva capito più niente fino a quando non era venuto anche lui, riempiendolo di calore nella già calda notte italiana. Si erano addormentati madidi di sudore e stremati e Cesare si era risvegliato alle sette del mattino e si era precipitato a casa dove aveva trovato il cornetto già ad attenderlo in cucina. Era scivolato silenziosamente in camera e si era addormentato di nuovo, all’istante, con il sapore e il sudore di lui ancora addosso. 

Poi il cilindro aveva cambiato ritmo e mentre lui continuava a parlare, Cesare si era immerso in un altro ricordo. Erano di nuovo allungati sui lettini, ma questa volta era un pomeriggio torrido, il sole splendeva implacabile e loro erano eccitati come non mai. Si erano tuffati nelle acque del lago, un po’ per stemperare le sensazioni, un po’ per toccarsi finalmente. 

“Ho voglia di prenderti in bocca.” Aveva confessato Cesare, la voce strozzata mentre si accarezzavano sott’acqua. 

“Allora andiamo a casa.” Aveva detto lui. Cesare era rimasto un po’ interdetto, erano arrivati da poco, la sola idea di rimettersi nell’auto infuocata gli faceva passare qualsiasi desiderio. Ma lui l’aveva preso per mano e quasi non gli aveva dato il tempo di raccogliere le sue cose. Erano arrivati a casa con i capelli ancora bagnati e gli abiti appiccicati addosso. Nel momento stesso in cui aveva chiuso la porta dietro di sé, lui si era slacciato i bermuda e li aveva fatti cadere a terra, senza dire niente. A vedere il suo desiderio impaziente, Cesare si era fatto lento e meticoloso. Era anche un po’ indispettito di non trovarsi più sulla riva del lago. Si era inginocchiato lentamente e aveva iniziato a baciarlo sulla parte bassa della pancia. Lui aveva sospirato ma quando Cesare aveva iniziato a risalire verso l’alto, aveva dato i primi segni di insofferenza. Cesare era tornato in piedi e si erano baciati a lungo, poi, lentissimamente, gli era girato intorno e aveva iniziato a baciarlo sulla schiena. Scendeva verso il basso Cesare e in lui la curiosità sembrava prendere il sopravvento sull’impazienza. Quando Cesare era arrivato all’altezza delle natiche, e aveva iniziato a mordicchiarle giocosamente, lui aveva iniziato a respirare un po’ più pesantemente, ma quando finalmente Cesare gliele aveva allargate e aveva appoggiato la sua lingua umida nel posto più nascosto e sensibile, i sospiri si erano trasformati in gemiti. Aveva continuato imperterrito Cesare a lavorare con la lingua, mentre lui si piegava in avanti e si appoggiava con le mani al muro per dargli un più facile accesso. Allora Cesare aveva allungato una mano a prendere il suo sesso e aveva iniziato a muoverla su e giù, in accordo con i movimenti della lingua. Ed era stato allora che i gemiti erano diventati grugniti e Cesare aveva infilato un dito mentre continuava ad andare su e giù sul suo sesso e ben presto aveva sentito i muscoli stringersi convulsamente attorno al suo dito e il liquido caldo sgorgargli in mano. 

Cesare era tornato improvvisamente alla realtà, perché il ritmo del cilindro era cambiato ancora e il ricordo del piacere di lui unito alla sua voce era troppo. Si era sentito invadere da un orgasmo lento e inarrestabile e si era sentito venire e venire ancora mentre lui dall’altra parte lo ascoltava godere.

Quando era tutto finito, erano rimasti a lungo in silenzio al telefono. Cesare avrebbe voluto dirgli mille cose, avrebbe voluto chiedergli se sarebbe durata tra di loro, quanto sarebbe durata, avrebbe voluto dirgli che per lui non era solo sesso. 

Ma l’unica domanda che era riuscito a fargli era stata:
“Ce l’hai anche tu un aggeggio così?”
“Ce l’ho.”
“E lo posso regolare io?”
“Sì.”
“Ce l’hai lì con te, adesso?”
“Sì.”
“L’hai lavato?”
“Ovvio.”
“Allora spogliati.” Aveva detto Cesare
“Sono già nudo.” Aveva risposto lui.